• Lavorare meno. Per tenersi il posto

Lavorare meno. Per tenersi il posto

Record di richieste per i contratti di solidarietà
C’è chi restituirà il tempo all’azienda a crisi finita

Sotto il vento gelido della crisi è boom dei contratti di solidarietà. Secondo i dati forniti dal ministero del Welfare nei primi due mesi dell’anno ne sono stati stipulati 92 (rispetto ai 29 dello stesso periodo dell’anno scorso) nelle aziende che avrebbero avuto diritto alla cassa integrazione e 150 in quelle prive di questa possibilità contro i 49 del 2008. Sono piccole cifre ma dimostrano che qualcosa si muove per affrontare in modo più creativo l’emergenza occupazionale. Anche se la «vecchia » Cig la fa da padrona: secondo gli ultimi dati Cgil a fine febbraio i lavoratori in Cassa sono quasi mezzo milione e 80 mila quelli in deroga. I contratti di solidarietà sono stati introdotti in Italia nel 1984 su pressione della Cisl di Pierre Carniti e dopo alcuni lustri di rodaggio oggi è riconosciuta da tutti come una ricetta valida per evitare lo choc della Cassa integrazione. Insomma «lavorare meno, lavorare tutti» sta uscendo dallo slogan sindacalese per approdare nel mondo del lavoro. E domani, al G8 sul lavoro che si apre a Roma si parlerà anche di questo. Un segnale chiaro lo ha dato all’inizio di febbraio il gruppo siderurgico del presidente della Confindustria Emma Marcegaglia.

A Gazoldo degli Ippoliti è nata infatti la Banca delle ore: per tre mesi i 4.500 dipendenti degli stabilimenti italiani lavoreranno 120 ore in meno ma manterranno lo stesso stipendio, per metà facendo ricorso alle ferie non godute, il resto lo anticipa l’azienda. Più avanti, quando la produzione riprenderà, «renderanno» entro il 2010 le ore pagate ma non lavorate a seconda delle richieste dell’azienda. Una svolta significativa perché l’associazione degli imprenditori, in particolare a livello delle strutture locali, storicamente ha sempre preferito sostenere il ricorso più immediato e meno complesso della Cassa. In questo caso la «solidarietà » è tra azienda e lavoratori. «È una soluzione originale pensata dalla famiglia — spiega il direttore delle risorse umane Maurizio Dottino — per evitare a tutti i costi il ricorso alla Cassa integrazione che il gruppo Marcegaglia non ha mai fatto nei suoi 50 anni di vita». Ma con il crollo del 30% della produzione di acciaio non sembravano esserci alternative. «L’idea è per ora un successo — continua Dottino — approvata all’unanimità da tutte le sigle sindacali e molte aziende ci stanno chiedendo una copia dell’accordo per capire come funziona».

Naturalmente si tratta di un esperimento per tirare avanti qualche mese in attesa che il mercato riprenda. Se così non sarà si dovranno studiare altre soluzione più invasive. Come i contratti di solidarietà veri e propri che impongono sacrifici spalmati su tutti i lavoratori. Anche loro devono essere autorizzati dal ministero del Lavoro e funzionano attingendo da due fondi. «Uno è lo stesso della Cassa integrazione — afferma Matilde Mancini, responsabile del dipartimento ammortizzatori sociali del ministero del Welfare — ed è alimentato dalle imprese e per una piccola quota (meno del 2%) dai lavoratori, l’altro è finanziato dallo Stato e riguarda le imprese che non hanno diritto alla Cassa come le ditte commerciali, di trasporto, di servizi e di pulizie». Con i contratti di solidarietà il dipendente incassa meno: copre il 60% delle ore non lavorate mentre la Cig garantisce l’80% dello stipendio. E così, a macchia di leopardo, la solidarietà si sta diffondendo. La bresciana Brandt Italia, ex Mulinex, ha evitato i licenziamentimandando in solidarietà per tre anni i 650 lavoratori con punte di sospensione del lavoro fino al 90% tramutato in formazione. La Malagrida di Massa Carrara, maglieria, ha messo in solidarietà 27 dei 50 dipendenti con un accordo che prevede il 50% dello stipendio a carico dell’azienda, il resto di Inps e Regione. A Telecom Italia media è stato evitato il licenziamento di 25 giornalisti con una intesa di solidarietà che prevede un impegno di lavoro tagliato del 16% ma lo stipendio verrà penalizzato solo dell’ 8%. Alla Manifattura di Valle Brembana, tessile in provincia di Bergamo, il contratto di solidarietà ha scongiurato l’uscita di 250 operai, diminuendo l’orario di lavoro del 50% per tutti i 450 dipendenti. Un esempio da manuale del «lavorare meno lavorare tutti», con un taglio del 40% su metà stipendio, quindi alla fine la retribuzione è uguale alla Cassa integrazione.

Ogni azienda è comunque un caso a sé. Come il Gruppo Giovannini, attività commerciale nella provincia di Trento, che ha trovato col sindacato una intesa che prevede per tutti i 298 dipendenti, quadri compresi, una riduzione dell’orario settimanale del 25% che però, con una serie di compensazioni un po’ complesse da descrivere, pesa solo per il 6,5% sulla busta paga finale. Così al calzaturificio Fornari di Civitanova Marche (55 lavoratori), alle Calze San Pellegrino (420 dipendenti tra Mantova e Brescia), alla Aicon di Messina (320 dipendenti) che costruisce yacht di lusso e che ha visto crollare gli ordini del 50%. I periodi di solidarietà non sono mai brevi e questo spiega un po’ la diversa filosofia rispetto alla più flessibile e immediata Cassa. Il consulente del lavoro Roberto Pennacchio, zona Brescia, della solidarietà ne ha fatto una specializzazione e non c’è intesa nel Nord Est che non veda la sua mediazione. L’ultima riguarda la Alfa acciai, un modello di intesa che si sta diffondendo nel siderurgico bresciano: i lavoratori addetti ai forni si spostano a rotazione sul turno di notte, dalle 19 in poi, quando la bolletta energetica costa meno della metà. Un modo per abbattere i costi e affrontare la crisi senza ridurre il personale. «La solidarietà sta prendendo piede in progressione geometrica —racconta Pennacchio—le imprese si stanno rendendo conto che se la Cassa dura molti mesi le maestranze tendono a cercarsi un altro impiego e i più bravi quasi sempre lo trovano: un danno enorme quando la produzione riprende e non c’è più nessuno a garantirne la qualità». Pennacchio ammette che la grossa difficoltà per i contratti di solidarietà deriva dalle remore culturali delle associazioni imprenditoriali. «Senza contare—riconosce il consulente della solidarietà—che almeno in tre situazioni non sono applicabili: quando il crollo della produzione supera il 50% del fatturato, se l’abbattimento del monte ore è oltre la metà, nelle imprese al di sotto dei 15 dipendenti. Giorgio Santini, segretario confederale Cisl, non nasconde la sua soddisfazione per la «diffusione di un fenomeno-ponte per non smantellare le imprese », ma è preoccupato per la scarsità delle risorse. «Il fondo dedicato per le imprese che non hanno la Cig — spiega Santini — è ormai al lumicino con appena 5 milioni di euro di dotazione». «Non ha senso aver stanziato 8-9 miliardi per gli ammortizzatori sociali e poi non finanziare la solidarietà che per partire davvero avrebbe bisogno di almeno 150-200 milioni di euro». Il sindacalista chiede al ministro del Welfare Maurizio Sacconi — «che pure ha sempre teorizzato il ricorso alla solidarietà» — di non perdere più tempo e «di passare dalle parole ai fatti». Anche se i soldi pubblici sono pochi pure il lavoro interinale ha scoperto la solidarietà. Come scrive il periodico della Cisl Conquiste del Lavoro tra il sindacati del commercio e le agenzie del lavoro che fanno capo ad Assolavoro è stato firmato un accordo che prevede la copertura del 50% delle ore perse da parte del Fondo per l’occupazione istituito al ministero del Welfare. Quello delle risorse resta uno dei temi chiave per l’espansione delle intese anti- Cig. La legge del 1984, per esempio, consente uno sgravio contributivo dell’Inps del 35% per chi applica i contratti di solidarietà ma non è mai stato attivato per mancanza di fondi.

Roberto Bagnoli
28 marzo 2009

Da: Fierling Yannick [mailto:y.fierling@haiereurope.com]
Inviato: lunedì 16 maggio 2016 10:27
A: robertopennacchio@spaserviziperlazienda.it
Oggetto: RE: HAIER ( ITALY ) APPLIANCES SpA in LIQUIDAZIONE – CLOSURE PLAN

Roberto, Ugo, Team,

One again, congratulations for all the work realized along the process!

Under these difficult circumstances, thanks to you & the team, Haier displayed a very professional image.

Grazie

Yannick

Yannick Fierling

CEO Haier Europe

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